Tuesday, October 30, 2007

Mohammed - the Fulfillment of Biblical Prophecy?

Many Muslims claim that Mohammed was foretold in earlier Scriptures, i.e. the Bible, and thus Christians and Jews ought to recognise that he was The Prophet of God. To substantiate this claim, they point to several passages in the Old and New Testaments which supposedly speak of Mohammed. In fact, this line of inquiry has a very long yet not well-evolved record in the history of Muslim polemics against Christianity. In many respects, the same claims which the Muslims were making against the Byzantines in the 11th century are those which are being used by Muslims in the 21st. Little innovation has been introduced into most of these claims of prophetic foretelling for Mohammed. This is not because of the great success which these Muslim arguments have had with those who are knowledgeable of the Bible (indeed, these arguments tend to serve better at bolstering Muslims in their own beliefs than in changing anyone else's), but rather because of the stagnancy introduced into Muslim polemics on this point. This stagnancy is induced by the Muslim truism that the Bible (the Torah and the Gospels) was altered by the Jews and Christians so as to deny the "truths" of Islam which would otherwise still be found in these texts. Thus, when the Muslims find verses in these Scriptures which their more creative theologians can recast as evidential prophecies of Mohammed, it becomes an article of faith that these "prophecies" are still found (despite Jewish/Christian tinkering) because of providential preservation on the part of Allah. Upon examination, however, it is quite clear that Mohammed is not discussed in these passages, and indeed, the Bible is silent about him. A look at the actual context of these passages, both in the text and in the historico-social settings, dispels the myth that these passages refer to Mohammed. While any Christian who has spent a reasonable amount of time studying the Bible is unlikely to be swayed by the arguments that Mohammed is found in these passages, it may still be helpful to new Christians to see the errors in the Muslim claims for these verses, and can also be of benefit to all Christians who deal with Muslims in helping us to systematically dispel and debunk these claims in the minds of the Muslim friends and neighbours with whom we interact. As such, I present the most common Old and New Testament verses which are abused by Muslim polemicists.

Source and further reading:
Study to Answer.Net:
A Resource for a Reasoned, Respectful, and Ready Defence of the Christian Faith

«If Muslims were to shed their yoke of ignorance...»


There are many reasons Islamic clerics are sensitive about having the Qur’an translated into a contemporary language. The most important are that they don’t want anyone to know what it actually says or how poorly it’s written, but we’ll get to that in a moment. Muslims claim that Arabic was Allah’s original tongue and that translations are simply paraphrases. But that would make Allah younger than man because Arabic is one of man’s most recent dialects. Its written form didn’t emerge until the 7th century. And most every important religious word, concept, and name used in the Qur’an was derived from Syriac, the language of Syrian Christians in the 6th century.

Muslims invest a quarter of their school day learning to recite the Qur’an —not reading it or understanding it. They simply learn to mouth its sounds in the arcane, inadequate, and odd dialect of Religious Arabic. That way they can be fooled into believing that it’s “God’s Book,” and that it’s written intelligently. Ignorant, they can be indoctrinated and thus manipulated by clerics and kings. Even turned into human bombs when it serves Islam’s interests.

If Muslims were to shed their yoke of ignorance, they would discover that the real reason those who indoctrinate them, control them, suppress them, fleece them, and abuse them want them deceived is that the actual message contained in Allah’s Book is horrendous. It is more intolerant, racist, punitive, and violent than Hitler’s Mein Kampf. There are one hundred vicious verses for every nice one. The book inspires infinitely more terror than peace.

Monday, October 29, 2007

San Francesco e l'Islam

di Marco Meschini

Saint Francis of AssisiUn santo realista, un “folle di Dio” con i piedi ben piantati per terra. La figura del santo patrono d’Italia “purificata” dal pacifismo che lo circonda. Amante del dialogo, ma per la conversione degli infedeli.

[Da «il Timone» n. 61, marzo 2007]

Quando si parla di rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico, capita spesso che qualcuno citi il caso di san Francesco (1181-1226), più o meno in questi termini: «Si dovrebbe testimoniare il Vangelo come fece Francesco, in sottomissione e silenziosa discrezione; e quindi non si dovrebbe cercare di convertire nessuno, come san Francesco non voleva che si facesse». Ebbene, è corretta una simile visione?

In parole...

Innanzitutto va detto che questa interpretazione del pensiero e dell’azione del santo di Assisi deriva in particolare da un libro notevole e influente, scritto dallo storico Giovanni Miccoli e intitolato Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana. In quel volume Miccoli sostenne che Francesco voleva «realizzare una presenza cristiana priva di ogni ricerca di proselitismo». In altri termini, il santo assisiate avrebbe visto ogni tentativo di annuncio attivo del Vangelo - orientato cioè alla conversione del non cristiani — come una sorta di “ingerenza”, persino di violenza e di contrario allo spirito evangelico, intriso di sottomissione, rinuncia, povertà “assoluta” e testimonianza “pura”.

Per sostenere questa tesi Miccoli cita la Regola non bollata (cioè non approvata dalla Chiesa, stesa tra il 1209 e il 1221) che al capitolo 16 recita: «I frati che vanno tra gli infedeli [e in specie tra i saraceni] possono vivere e comportarsi con loro, spiritualmente, in due modi. Un modo è che non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani». Queste parole, certamente di Francesco, sembrano confermare quella lettura; tuttavia è necessario proseguire nel testo di quello stesso capitolo 16, che aggiunge immediatamente: «Un altro modo è che, quando vedessero che piace al Signore, annuncino la parola di Dio, affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore; e siano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non nasce dall’acqua e dallo Spinto Santo, non può entrare nel regno di Dio».

Si tratta di parole molto chiare, che indicano al frate francescano (e, potremmo dire, al cristiano in genere) la necessità di cogliere le occasioni propizie per testimoniare esplicitamente e “attivamente” la buona novella, «affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore». Sono contenuti essenziali del Cristianesimo, ovvero la Trinità e la figura umana e divina di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’umanità. E si badi che si tratta proprio di quei punti che l’Islam nega esplicitamente: per l’Islam, infatti, Allah è Dio uno e indivisibile e l’idea cristiana della Trinità è un’assurdità quando non, peggio, una forma di idolatria, ovvero di abominio da distruggere. Ed è poi vero che il Corano riconosce in Cristo un grande profeta, precursore di Maometto; ma appunto Cristo, in quest’ottica, non è nient’altro che un uomo, per quanto eccezionale (inferiore comunque a Maometto), e non può in alcun modo essere Dio. Tanto è vero che, per il Corano, Cristo non è mai morto in croce e quindi non è neppure — e tantomeno — resuscitato.

Sono punti essenziali di diversità tra Cristianesimo e Islam, che Francesco mostra di conoscere esattamente e di voler mettere a fuoco nell’attività missionaria del suoi frati. Lo scopo, poi, non è “semplicemente” di testimonianza, o meglio lo è nel suo senso più pieno, orientato cioè alla salvezza delle anime, che devono essere «battezzate» e «diventare cristiane», il che significa necessariamente staccarsi dal corpo dell’Islam per entrare nel corpo storico e mistico della Chiesa e di Cristo. Mi paiono parole nette, che smontano da sé il preteso “irenismo” a oltranza di Francesco: il santo di Assisi sperava e voleva che anche i musulmani (come gli altri infedeli) conoscessero la Grazia di Cristo, quella stessa che lo aveva toccato da giovane e gli aveva radicalmente trasformato l’esistenza.

Come ha ben scritto Claudio Leonardi, uno del massimi esperti mondiali della mistica cristiana medievale, «Francesco non ha timore di fare proseliti: il proselitismo, cioè la conversione e l’ingresso dell’infedele tra i fedeli di Cristo e della Chiesa, è nella logica della predicazione e di ogni azione apostolica, anche se la conversione resta solo opera divina».

...e opere

Quanto abbiamo visto sin qui riguarda soprattutto il pensiero e la parola scritta di Francesco. Tuttavia egli si pose questo problema anche dal punto di vista pratico: volle cioè portare personalmente il Vangelo in terra islamica.

Dopo un paio di tentativi falliti, fu nel 1219 che il santo riuscì a entrare in contatto con gli infedeli, durante la quinta crociata. L’episodio è a volte liquidato come un evento minore e secondario della sua biografia, perché Francesco rimase solo qualche giorno presso i musulmani, senza peraltro ottenere un particolare successo.

Ma, anche in questo caso, è una lettura riduttiva: che un uomo del Medioevo provi per tre volte a superare il “confine”, geografico e spirituale, che divideva la Cristianità del tempo dal mondo islamico; che lo faccia a suo rischio e pericolo, accompagnato solo da un altro frate (di nome Illuminato); che cerchi di parlare — e ci riesca! — con il sultano d’Egitto, ovvero con l’autorità somma del potere islamico in quel momento; e infine che torni indietro sano e salvo... beh, son tutte cose eccezionali, non secondarie, come scrisse Dante nella Divina Commedia (Paradiso 11,100-105).

Orbene, che cosa accadde? Nel giugno del 1219 Francesco e Illuminato raggiunsero il campo dei crociati che assediavano Damietta da qualche tempo. Tra la fine di quell’estate e l’inizio dell’autunno, i due frati attraversarono la “terra di nessuno” che divideva i crociati dai musulmani e chiesero di parlare con il sultano al-Kamil, discendente del grande Saladino. Sul fatto che i due si incontrarono e che, tramite interpreti, si parlarono, nessuno oggi dubita più.

Ciò che divide gli storici è semmai il contenuto del loro discorso, che diventa altamente dibattuto per il suo valore simbolico.
Non abbiamo nessun ricordo personale del santo, né cronache musulmane che ci riportino i contenuti di quel celebre incontro. Tuttavia, tra le fonti di parte cristiana ne spicca una contenuta nella biografia di Francesco scritta da san Bonaventura alcuni decenni dopo e che riporta la testimonianza di frate Illuminato. Eccone un passo decisivo. Il sultano si sarebbe così rivolto al santo: «Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male... Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?». Niente male: al-Kamil usò il Vangelo come strumento per accusare i crociati di violenza e aggressione. Ma sentiamo la replica di Francesco: «Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove dice infatti: “Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te”..., con il che ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente... un uomo per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se pero voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi».

Insomma, in un colpo solo Francesco difese l’opera del crociati e propose al sultano la conversione. È vero che questo dialogo non è direttamente attribuibile a Francesco; tuttavia è l’unico resoconto disponibile di un testimone oculare, frate Illuminato, e non c’é un motivo specifico per non utilizzarlo, sia pure con cautela.

Il Francesco che emerge è un santo eccezionale, che brucia dal desiderio di testimoniare in parole e opere la verità di Cristo e del suo Vangelo; e che si espone personalmente alla violenza e alla morte per suo amore. Sempre secondo le fonti cristiane, in effetti, Francesco propose al sultano anche un “giudizio di Dio” con i sufi islamici presenti: ovvero li sfidò ad affrontare i carboni ardenti per dimostrare la veridicità delle rispettive fedi. Ma quelli rifiutarono, e tra di loro vi fu forse un certo Fakhr al-Farisi, celebre consigliere del sultano, sulla cui tomba è scritto che ebbe «un famoso caso con un monaco cristiano».

Sappiamo anche che a quel punto Francesco propose di affrontare da solo la prova del fuoco, ma il sultano si oppose. Il santo poté quindi predicare ai musulmani, ma — sembra — senza ottenere successo. Tornò quindi al campo crociato e poi in Italia.

Conclusioni

Francesco sapeva che i musulmani negano la divinità di Cristo, “bestemmiando” — tecnicamente parlando, non moralmente — il suo nome. Per questo si adoperò in parole e opere perché divenissero cristiani. Anche in questo caso, dunque, Francesco e il perfetto cavaliere di Dio. Pacifico, ma non pacifista. Amante, ma non succube. Innamorato di Dio, e non delle lodi del mondo.

Bibliografia

La letteratura francescana, a cura di Claudio Leonardi, 4 voll., Fondazione Lorenzo Valla, 2004.
M. Meschini, Le crociate di Terrasanta, I Quaderni del Timone, Ed. Art, 2006.
Giovanni Miccoli, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Einaudi, 1991.

Ricorda

«Francesco d’Assisi è il prodotto più rappresentativo ed ortodosso della Chiesa delle crociate (...) Non è affatto il personaggio che generalmente ci viene presentato adesso. Non era il precursore dei teologi della liberazione. Né tantomeno fu l’araldo dl un cristianesimo dolciastro, melenso, ecologico-pacifista: il tipo che ride sempre, lo scemo del villaggio che parla con gli uccellini e fa amicizia con i lupi».
(Franco Cardini, in Vittorio Messori, Pensare la stona. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Sugarco, 2006, pp 164-165).

© il Timone - (Contro la leggenda nera)

Saturday, October 27, 2007

Blessed Mark of Aviano, the Crusader friar of Habsburg Austria

London barrister and historian James Bogle discusses here the life and times of a great Catholic: Blessed Mark of Aviano (Marco d’Aviano in the original Italian), who deserves to be much better known in the English-speaking world.

Beato Marco d'AvianoOn 27 April 2003, Pope John Paul II beatified Rev Fr Mark of Aviano OFMCap (1631-99). The ceremony occurred without any world-wide protest from Muslims, and certainly nothing of the sort that accompanied the considerably more innocuous recent commentary of Pope Benedict XVI at Regensburg.

Mark of Aviano was a Capuchin friar, born Carlo Domenico, in Aviano in the Republic of Venice. So keen was his zeal that, at the age of sixteen, he went to Crete – where the Venetians were then at war with the Muslim Ottoman Turks – to offer himself to defend the island.

Christendom was in constant danger of being overwhelmed by the Muslim Turks, and the Protestant Reformation had simply weakened the defences. Moreover, Catholic Christendom was fighting, now, on two fronts against both Muslim and Protestant and might, at any time, be swept away altogether. Particular determination, tenacity and courage was now needed more than ever from the defenders of Christendom. Fortunately, courage was not lacking.
Vienna besieged

In September 1529, after defeating the Hungarians at the Battle of Mohács, the Ottoman Turks and their allies laid siege to Vienna – the famous “Siege of Vienna” of 1529. After a tremendous struggle the Austrians, under the seventy-year-old Count Nicholas von Salm, were finally victorious, although Salm himself was killed during the siege.

On 7 October 1571, the Ottoman Turks had seized the opportunity to launch a vast fleet to conquer as much of Christendom as they could. Almost miraculously, they were defeated at Lepanto by the combined Christian fleets under the command of Grand Admiral John of Austria, the illegitimate son of the Holy Roman Emperor, Charles V.

To this was added the prayers of Christendom since the pope, St Pius V, had ordered a Christendom-wide Rosary prayer campaign for victory. Later, at the “Battle of Vienna” of 1683, King Jan (John) III Sobieski of Poland, also accompanied by Christendom-wide praying of the Rosary, delivered Vienna and Christendom once again from the Muslim Ottoman Turks.

Mark of Aviano, knowing the dangers, set out to risk martyrdom at the hands of the Turkish horde. Arriving at a Capuchin convent, he was welcomed by the superior, who, after providing him with food and rest, advised him to return home. But Mark stayed in the convent long enough to be deeply impressed by their way of life and – not least – by their militancy in defending the Christian faith. In 1648, he entered the novitiate of the Capuchins.

This was in the year when the Treaty of Westphalia was signed and ended the bloody and internecine Thirty Years’ War. It was the year when the Long Parliament in England passed the Vote of No Address, breaking off negotiations with King Charles I and thereby setting the scene for the second phase of the English Civil War.

One year later, Mark professed his vows. He progressed sufficiently well in the Order that in 1664 he received a licence to preach throughout the Republic of Venice and other Italian states, especially during Advent and Lent. He was also given more responsibility when he was elected superior of the convent of Belluno in 1672, and of the convent of Oderzo in 1674.
Blessed Mark of Aviano

New direction

But it was in 1676 that his life took a sudden new direction. He gave his blessing to a nun who had been bedridden for some thirteen years, whereupon she was healed.

Soon his fame grew widely enough for the Emperor himself – by then Emperor Leopold I – to take note. Leopold met Friar Mark, was soon deeply impressed by him, and effectively made him one of his privy counsellors.

Around this time Mark was also appointed by the Venerable Pope Innocent XI as Apostolic Nuncio and Papal Legate. His status was now complete: he was the personal adviser of the Emperor and of the defending Catholic monarchs.

He turned his attention back to his original aim and desire: the defence of a free Christendom from Islam. A passionate and eloquent preacher, he used his skills to great advantage in keeping and maintaining unity among the Holy League armies of Austria, Poland, Venice, and the Papal States, by now under the leadership of King Jan Sobieski, who was called upon by the Emperor to defend Christendom from the once more invading Turk.

This time, the Turks came by land.
“Behold the Cross of the Lord!”

In the decisive Battle of Vienna of 1683, the Holy League armies succeeded in repulsing the invaders. Famously, during the fighting, Friar Mark brandished a crucifix at the Turks, shouting to them “Behold the Cross of the Lord: Flee, enemy bands!”.

From 1683 to 1689 he committed himself to the military campaign, promoting good relations between the various component forces of the Imperial army. He acted as Chaplain-General to the Army exhorting, consoling, ministering to, and leading the soldiers. In this, he mirrored the heroic life of an earlier Franciscan, St John of Capistrano, who had aided the Empire’s Hungarian general, Count Jan Hunyady, to lift the Turkish siege of Belgrade in the fifteenth century.

Friar Mark’s guidance helped bring about a second liberation of Belgrade. This time, it was in 1688, the year that, in England, the Catholic King James II was being treacherously ousted from his rightful throne by the Protestant revolutionaries.

Not only Protestants, but also the devious and scarcely Catholic King Louis XIV of France, did not hesitate to side with the Turks against the Empire; but Friar Mark and King Jan III overcame all odds. Moreover, Friar Mark, magnanimous in victory, was ever astute in protecting surrendering Muslims and prisoners from retribution. His zeal for the defence of Christendom was fierce, but always tempered by mercy and compassion.

The Ottomans fought on for another sixteen years, losing control of Hungary and Transylvania in the process, before finally giving up. Thus, the Battle of Vienna marks the end of Turkish expansion into Christendom, finalized by the Treaty of Karlowitz.

The combination of the spiritual and the temporal, the religious and the lay, pope and emperor, friar and king, had once again proved the ultimate defence for Catholic Christendom. Not for nothing did Our Lord say, mysteriously, when St Peter showed him two swords, interpreted to mean the lay and the spiritual, “It is enough” (Luke 22:38). Sobieski, doubtless influenced by Friar Mark, had entrusted all to the protection of Our Lady of Czestochowa before the battle.


Siege of Vienna
A significant date

Ironically, for us, the Battle of Vienna took place on a very significant date. It began on 11 September and ended on 12 September, the Vigil and Feast of the Holy Name of Mary, respectively. It thus began on the date that is now known to us as “9/11”, the day of the attack upon the Twin Towers in New York in 2001. The choice was doubtless deliberate on the part of the Muslim terrorists, but they did not reckon with its other resonances.

At Friar Mark’s beatification in 2003, the Pope said that Friar Mark reminds the European continent “that its unity will be more stable if it is based on its common Christian roots.” Other commentators like John Allen, of the National Catholic Reporter, feared that the beatification might lead to hostile reaction from Islam. But Italian director Renzo Martinelli, who is making a film based on the life of Mark of Aviano, countered by saying that “without him, Italian women would today be wearing the burqa.”

Legends surround Friar Mark. One says that the croissant was invented in Vienna to celebrate the defeat as a reference to the crescents on the Turkish flags. Austrian-born Marie Antoinette introduced the pastry to France in 1770.

Another legend from Vienna has the first bagel as a gift to King Jan Sobieski, to honour his victory. It was fashioned in the form of a stirrup, to commemorate the victorious charge by the Polish cavalry.

After the battle, the Austrians discovered many bags of coffee in the abandoned Turkish encampment. Using this captured stock, Franciszek Jerzy Kulczycki (a Polish merchant) opened the third coffeehouse in Europe and the first in Vienna, where, according to legend, Kulczycki and Friar Mark added milk and honey to sweeten the bitter coffee. The result was thereafter termed “cappuccino”, after the brown hood of the Capuchin friar.
Missions to Islam

Other saints also had a particular mission amongst the Muslims. St John of Matha and St Felix of Valois (of the Royal house of France) founded the Trinitarians for the ransom of Christian captives, and St Peter Nolasco founded the Order of Our Lady of Ransom after our Lady appeared to him in 1218.

Yet foolish commentators would have us believe that the view of the Church has historically been a bloodthirsty one, bent partly upon conquest and partly upon plunder, but only incidentally upon any good. It is a mendacious picture. No cognisance is given of the simple fact that the entirety of Christendom was under constant threat, at short notice, from complete conquest by the invading Ottomans whose janissaries often roamed at will, marauding, upon the hills of Austria and flat plains of Hungary.

The Church’s attitude was not only reasonable and rational, but it was also robust yet merciful, courageous yet compassionate, firm but fair. Moreover, it still remains the only solution to handling the modern threat from Islamic terrorism and extremism.

This, truly, is the legacy of Blessed Mark of Aviano. No coward, he was ready to defend Christendom with his life, by martyrdom if necessary, but he was also ever-compassionate to the defeated enemy; and, the threat neutralised, he, like St John of Matha, St Felix of Valois and St Peter Nolasco, sought to negotiate diplomatically to find peaceful solutions. Like them, he was ready to redeem captives by personal sacrifice, if necessary, neither shrinking from the duty to defend Christendom nor erring on the side of hatred or disrespect nor unwillingness to parley even with the worst of erstwhile enemies.

Not for nothing is Blessed Mark still honoured today in Austria and Venice. He and the whole Capuchin Order were, and are, especially venerated by the Habsburg imperial family, who, from the time of Blessed Mark, took as their personal chaplains the Capuchin friars, and often baptised their children with the name Markus d’Aviano.

Moreover, by imperial rescript, emperors were thereafter buried in the crypt of the Capuchin Church in Vienna. The ceremony was seen once again at the death of the Empress Zita in 1989.

The great procession halts at the door of the Capuchin church, the coffin carriage guarded by the Tyrolean Schützenkompanie, ahead of the guards, hussars, uhlans and lancers, the ranks of the nobility and the throngs of the people of Vienna. The Chamberlain knocks with his staff and the voice of a Capuchin friar calls from within “Who is there?”. The imperial and other titles are read out in full, and the voice says “We do not know her”; again the same reading takes place, but with fewer titles; finally the Chamberlain knocks and says “Zita, a sinful mortal”. The friar replies, “Then we know her!”, and opens the great door to let the procession into the imperial friary Church.

It is a ceremony wholly in keeping with the spirit of Blessed Mark. All the more fitting, then, is the large statue of Blessed Mark of Aviano, outside the Church, holding aloft the crucifix, advancing and calling on all – emperor, king or mere citizen – to yield to the Cross of Christ, the source of all peace, justice, hope and salvation for every man who ever lived or ever shall live.

Blessed Mark of Aviano, pray for us!

Source: ORIENS - Journal of the Oriens Foundation

Friday, October 26, 2007

Islam a religion of peace?

Source: Chronology of early Islam
Notice how closely Islam's inception is associated with war. From 623 to 777, a span of 154 years, there are 83 military conflicts involving the Muslims...and that is just what I have recorded here. Is Islam a religion of peace? Muslims tell me it is. But....


  • 570 - Birth of Muhammad in Mecca into the tribe of Quraish.

  • 577 - Muhammad's mother dies

  • 580 - Death of Abdul Muttalib, Muhammad's grandfather.

  • 583 - First journey to Syria with a trading Caravan

  • 595 - Muhammad marries Khadijah a rich widow several years older than him.

  • 595 - Second journey to Syra

  • 598 - His son, Qasim, is born

  • 600 - His daughter, Zainab, is born

  • 603 - His daughter, Um-e-Kalthum, is born

  • 604 - His daughter, Ruqayya, is born

  • 605 - Placement of Black Stone in Ka'aba.

  • 605 - His daughter, Fatima, is born

  • 610 - Mohammed, in a cave on Mt. Hira, hears the angel Gabriel tell him thatAllah is the only true God.

  • 613 - Muhammad's first public preaching of Islam at Mt. Hira. Gets few converts.

  • 615 - Muslims persecuted by the Quraish.

  • 619 - Marries Sau'da and Aisha

  • 620 - Institution of five daily prayers

  • 622 - Muhammad immigrates from Mecca to Medina, which was then called Yathrib, getsmore converts.

  • 623 - Battle of Waddan

  • 623 - Battle of Safwan

  • 623 - Battle of Dul-'Ashir

  • 624 - Muhammad and converts begin raids on caravans to fund the movement.

  • 624 - Zakat becomes mandatory

  • 624 - Battle of Badr

  • 624 - Battle of Bani Salim

  • 624 - Battle of Eid-ul-Fitr and Zakat-ul-Fitr

  • 624 - Battle of Bani Qainuqa'

  • 624 - Battle of Sawiq

  • 624 - Battle of Ghatfan

  • 624 - Battle of Bahran

  • 625 - Battle of Uhud. 70 Muslims are killed.

  • 625 - Battle of Humra-ul-Asad

  • 625 - Battle of Banu Nudair

  • 625 - Battle of Dhatur-Riqa

  • 626 - Battle of Badru-Ukhra

  • 626 - Battle of Dumatul-Jandal

  • 626 - Battle of Banu Mustalaq Nikah

  • 627 - Battle of the Trench

  • 627 - Battle of Ahzab

  • 627 - Battle of Bani Quraiza

  • 627 - Battle of Bani Lahyan

  • 627 - Battle of Ghaiba

  • 627 - Battle of Khaibar

  • 628 - Muhammad signs treaty with Quraish.

  • 630 - Muhammad conquers Mecca.

  • 630 - Battle of Hunsin.

  • 630 - Battle of Tabuk

  • 632 - Muhammad dies.

  • 632 - Abu-Bakr, Muhammad's father-in-law, along with Umar, begin a military move toenforce Islam in Arabia.

  • 633 - Battle at Oman

  • 633 - Battle at Hadramaut.

  • 633 - Battle of Kazima

  • 633 - Battle of Walaja

  • 633 - Battle of Ulleis

  • 633 - Battle of Anbar

  • 634 - Battle of Basra,

  • 634 - Battle of Damascus

  • 634 - Battle of Ajnadin.

  • 634 - Death of Hadrat Abu Bakr. Hadrat Umar Farooq becomes the Caliph.

  • 634 - Battle of Namaraq

  • 634 - Battle of Saqatia.

  • 635 - Battle of Bridge.

  • 635 - Battle of Buwaib.

  • 635 - Conquest of Damascus.

  • 635 - Battle of Fahl.

  • 636 - Battle of Yermuk.

  • 636 - Battle of Qadsiyia.

  • 636 - Conquest of Madain.

  • 637 - Battle of Jalula.

  • 638 - Battle of Yarmouk.

  • 638 - The Muslims defeat the Romans and enter Jerusalem.

  • 638 - Conquest of Jazirah.

  • 639 - Conquest of Khuizistan and movement into Egypt.

  • 641 - Battle of Nihawand

  • 642 - Battle of Rayy in Persia

  • 643 - Conquest of Azarbaijan

  • 644 - Conquest of Fars

  • 644 - Conquest of Kharan.

  • 644 - Umar is murdered. Othman becomes the Caliph.

  • 647 - Conquest of the island of Cypress

  • 644 - Uman dies and is succeeded by Caliph Uthman.

  • 648 - Campaign against the Byzantines.

  • 651 - Naval battle against the Byzantines.

  • 654 - Islam spreads into North Africa

  • 656 - Uthman is murdered. Ali become Caliph.

  • 658 - Battle of Nahrawan.

  • 659 - Conquest of Egypt

  • 661 - Ali is murdered.

  • 662 - Egypt falls to Islam rule.

  • 666 - Sicily is attacked by Muslims

  • 677 - Siege of Constantinople

  • 687 - Battle of Kufa

  • 691 - Battle of Deir ul Jaliq

  • 700 - Sufism takes root as a sect of Islam

  • 700 - Military campaigns in North Africa

  • 702 - Battle of Deir ul Jamira

  • 711 - Muslims invade Gibraltar

  • 711 - Conquest of Spain

  • 713 - Conquest of Multan

  • 716 - Invasion of Constantinople

  • 732 - Battle of Tours in France.

  • 740 - Battle of the Nobles.

  • 741 - Battle of Bagdoura in North Africa

  • 744 - Battle of Ain al Jurr.

  • 746 - Battle of Rupar Thutha

  • 748 - Battle of Rayy.

  • 749 - Battle of lsfahan

  • 749 - Battle of Nihawand

  • 750 - Battle of Zab

  • 772 - Battle of Janbi in North Africa

  • 777 - Battle of Saragossa in Spain
References:

  • Miller, William M., A Christian's Response to Islam, Presbyterian and Reformed Publishing, Phillipsburg, New Jersey, 1976.

  • Geisler, Norman, Baker Encyclopedia of Christian Apologetics, Grand Rapids, Michigan, Baker Books, 1999.

  • Glasse, Cyril, The Concise Encyclopedia of Islam, Harper & Row, Publishers, Inc. San Francisco, 1989.

  • Morey, Robert, The Islamic Invasion, Harvest House Publishers, Eugene Oregon, 1992.
Further reading: A Brief Timeline of Islam

Wednesday, October 24, 2007

The Future of the Iraqi Christians in the Midst of the Islamic Terror

As a Christian and Iraqi American, I am horrified, heartbroken and frustrated at the cold-heartedness, especially by Christians regarding the plight of the Iraqi Christians. How many Iraqi Christians must die and abandon their ancestral land and have their churches bombed by the hands of Iraqi Muslims for the world to interfere and stop this religious cleansing?
If the Iraqi Christians are facing these atrocities right now while the mighty U.S. army and the coalition forces are in Iraq, one could not imagine (frankly I and thousands of Iraqi Christians could imagine) what would happen to the Iraqi Christians when the troops pull out of Iraq.
The outcome will be total Sunnis and Shiites collaboration to force Iraqi Christians out of their territories. It could also be translated as extermination of a people from their ancestral land.
"Already half of Baghdad's Christian communities have fled the capital; Basra is almost emptied of an ancient vibrant Christian presence; already, eight priests have been kidnapped…nowhere is safe for Christians to be in Iraq," writes Bishop Sarhad Jammo, the Chaldean Catholic Bishop of San Diego on the Diocese webpage.
According to AsiaNews.it, a Rome based agency, Iraqi Christians are facing persecution from the Islamic Shiites and Sunnis extremists who are forcing Christian women to wear the veil and some extremists go further to impose the "jisya" (religious taxation) on Christians. These are some of the cruel and callous regulations the 7th century Islamic Sharia law imposes on people who live under Islam.
On June 3, a Chaldean Catholic priest and three subdeacons were gunned down by Muslim terrorists after they left the church of the Holy Spirit in Mosel on Sunday, according to a report by the Catholic News Service (CNS). They were killed because they were Christians and that is enough evidence for the Islamic terrorists to kill any Christian in Iraq.
The Iraqi Christians consider themselves to be the offspring and the heirs of the two great ancient civilizations, the Babylonian and the Assyrian. History testifies to the contributions these people brought to humanity. The Iraqi Christians were among the first people to adhere to the message of the gospel and pioneer missionaries to the outside world according to the Catholic tradition. Throughout their existence the Iraqi Christians have contributed to the greatness of Iraq in every aspect. They translated Greek writings into Syriac and Arabic and they were advisers to Muslim rulers. Today these courageous people are fighting for their existence and equality in the so-called "new-free Iraq", not by weapons and terror, rather, by peace, love, and infinite contribution to their country.
It is sad to say that today many Iraqi Christians feel nostalgic to the days of the dictator Saddam; at least they were living under a secular ruler. Now, Iraqi Christians have to live under the inhuman 7th century Islamic Sharia law.
The U.S. government supported the new Iraqi constitution that clearly infringes the rights of non-Muslims. The second article of the new Iraqi constitution says: "Islam is the official religion of the State and it is a fundamental source of legislation." This unmistakably demotes Iraqi Christians to the second citizen status and puts them under the mercy of the inhuman Sharia law.
"The whole reason we're in Iraq is to try to build a country in which all the people of Iraq can lead a peaceful life," the U.S. ambassador to the Vatican, Francis Rooney said to the Catholic News Service. But the Vatican disagrees.
Vatican officials maintain that since the U.S. involvement in Iraq in 2003, the Iraqi Christians have "faced increasing violence and discrimination," according to the Catholic News Service. Any reasonable human would agree, and Iraqi Christians would say the same thing the Vatican says.
The U.S. government did make a difference in Iraq when they removed Saddam from power, but that success was transient and perhaps, they did not realize they have replaced Saddam with a bigger tyrant; Islamic fundamentalism. After all I think the U.S. "did not build a country in which all the people of Iraq can lead a peaceful life," as the U.S. ambassador Rooney plainly aforementioned. Instead, Iraq is a country where criminals, terrorists, and religious discrimination roam freely.
What now? Since we cannot go back to fix what had happened, we need to move forward (do not tell Muslim fundamentalists this, they love going backward) to help the Iraqi Christians by bringing their cause to the world attention. It is time for the apathetic Christians to wake up from their slumber and take action and to come to the aid of their brothers and sisters in Iraq. It is time to let the Iraqi Christians know they are not alone and their lives are invaluable. "At this point, impressions and attitudes of good-will cannot suffice," Bishop Sarhad alarms us of the calamity of the situation in Iraq. It time to activate our faith and put it to work and action as the Bible says "faith without work is dead" (James 2).
I suggest we should let the policy makers in Washington D.C. know how outrageous we are about the devastating situation the Iraqi Christians face in Iraq. We need to send letters of concern to the United Nations, to ask them to interfere to stop this religious cleansing. We have to ask the Vatican to do more for the Iraqi Christians, to interfere on their behalf and condemn fundamental Islamic teachings. Finally, let us pray and ask God to give the Iraqi Christians patience, courage and to strengthen their immovable faith. Let us also pray for their murderers, hoping that they will stop their ideology of hatred and superiority.
Throughout history, humans have demonstrated their goodness, love and tolerance and stood against evil everywhere. I believe we will do the same for the Iraqi Christians and we won't let religious hatred overcome us. The more we speak against evil and the more spiritually united we are, the faster we will react to find a solution for the plight of the Iraqi Christians. If not, hundreds of people will die and thousands others will lose their ancestral lands and become refugees for the world to deal with.



Zaman Dawood Iraqi Christian, SDSU student Santee, California


Posted GMT 6-13-2007 0:3:54





Tuesday, October 23, 2007

Conversos del islam y mártires por Cristo

La diócesis Valencia el 23 de julio hace memoria de los santos Bernardo, María y Gracia, martires por la fe y Patrones de Alzira y Carlet.
Se convirtieron del islam al cristianismo y fueron asesinados por los soldados de su hermano mayor llamado Almanzor.
(Desde El Canyamelar de Valencia, José Ángel Crespo Flor).-

A veces sucede que hay santos que no son muy conocidos fuera de una diócesis o archidiócesis como es el caso de la archidiócesis de Valencia; aunque en los lugares en que han nacido, han sido martirizados o son tenidos como patrones sí que son tratados como tales, como santos de primera fila. Eso es lo que sucede con tres hermanos, los santos mártires Bernado, María y Gracia, patrones de las localidades valencianas de Alzira y Carlet. Su historia pone los pelos de punta. Sigan, lean con atención y verán como sienten, a partir de ahora, más interés por estos tres hermanos que se convirtieron del islam al cristianismo y fueron martirizados por eso precisamente, porque no quisieron abandonar su fe.
"En Carlet y Alzira, lugares de su nacimiento y de su martirio, está muy bien arraigada la tradición popular ligada a estos tres hermanos mártires, Conversos del islam, sufrieron martirio en el año 1180. tres hermanos, unidos en la vida y en la muerte, sus nombres eran Amete, Zaida y Zoraida.
Un día Amete fue enviado por sus padres a la corte del rey de Valencia, de allí fue enviado como embajador a Cataluña, para tratar el rescate de prisioneros moros. Se perdió por el camino y, en plena noche, oyó unas canciones maravillosas que lo llevaron hasta el Monasterio de Poblet.
Indudablemente Dios ya había empezado a obrar en Amete como más tarde veremos.
Allí, en el Monasterio de Poblet, Amete se quedó algún tiempo, recibió el bautismo y adoptó el nombre de Bernardo. Pasado algún tiempo, ya monje, volvió a su casa. Sus dos hermanas escucharon las palabras del neocristiano, aceptaron encantadas lo que les decía y se bautizaron, cambiando sus nombres por los de María y Gracia, pero no un hermano mayor que tenían, llamado Almanzor, que les ordenó a los tres que se marcharan.
Los fugitivos llegaron a Alzira, pero allí los fueron a encontrar los soldados de su hermano. Los apresaron y allí mismo los mataron. A Bernardo le metieron un clavo en la cabeza, a las hermanas las despedazaron a cuchilladas y dejaron los cuerpos de los tres como pasto de los cuervos. Era el año 1180".
http://blogs.periodistadigital.com/encristiano.php/2006/07/23/conversos_del_islam_y_martires_por_crist

Leer también: Martes 20 de Julio de 2004: Homilía del Arzobispo de Valencia en la Novena a los Santos Bernardo, María y Gracia, mártires Patronos de Alzira

¿Kamikazes y mártires?

Autor: P. Luis Alfonso Orozco
¿Kamikazes y mártires? Entre los mártires cristianos y los kamikazes musulmanes o de cualquier ideología no existe analogía ni identidad posible

¿Kamikazes y mártires?

Kamikaze
La palabra Kamikaze deriva del vocablo japonés kami, que significa o representa la parte superior de cualquier cosa.
Los pilotos kamikazes japoneses al mando de sus célebres cazas “Zero” se volvieron famosos durante la Segunda Guerra mundial por sus ataques suicidas contra los buques de guerra norteamericanos en el Pacífico. Aquellos jóvenes pilotos eran conscientes de que estaban cumpliendo una alta misión de guerra cuando despegaban de las pistas japonesas rumbo a la muerte, pues el suyo era un vuelo sin retorno. Cuando avistaban las naves del enemigo atacaban con decisión, arrojándoles todos sus proyectiles y una vez que se les agotaban, volvían sus propios “Zero” contra la nave. Sabían que mientras más daño inflingieran al enemigo más gloriosa resultaría su hazaña.
El gesto de los pilotos japoneses impresionó tanto la sensibilidad occidental, que el término Kamikaze desde entonces ha venido a formar parte de nuestra cultura y lenguaje. Hoy se denomina un kamikaze al que lleva a cabo una acción suicida matando al mismo tiempo a otros inocentes.
Los kamikazes musulmanes no son mártires
Buena parte de la opinión pública enjuicia las cosas de manera bastante superficial, basándose en el “se dice” y en todo aquello que divulgan los omnipresentes medios de comunicación de masas.
Esto tiene consecuencias importantes, pues al renunciar a hacer uso de la propia inteligencia para leer dentro de las cosas y de los sucesos, entonces se genera la confusión en las ideas que se expande como epidemia global. Un ejemplo reciente es el modo equívoco e inapropiado con que muchos periodistas, sociólogos, políticos y gente de la calle llaman “mártires” a los militantes islámicos, los kamikazes embutidos de explosivos, que siembran la muerte y el horror en Palestina, África y otras regiones del Oriente.
La simpleza y superficialidad con que se les denomina “mártires” del Islam hace que muchos piensen que el suicida, el kamikaze, sea llanamente equiparable con el mártir cristiano. Sin embargo, nada está más lejos de la realidad. Entre los mártires cristianos y los kamikazes musulmanes o de cualquier ideología no existe analogía ni identidad posible; emplear el mismo término indistintamente es un lamentable equívoco del lenguaje que genera la confusión y el empobrecimiento de las ideas.
Sabido es que hay términos análogos, unívocos y equívocos. Por ello es una equivocación garrafal llamar mártir al musulmán que se suicida haciéndose explotar y matando inocentes consigo, del mismo modo como se llama al mártir cristiano que ofrece su vida en un gesto de amor y perdonando a sus verdugos. No hay analogía posible entre uno y otro, pues se trata de realidades opuestas. Un suicida no es un mártir. A cada cosa se le debe llamar por su nombre: “al pan, pan y al vino, vino” como reza la vieja sabiduría castellana. No les llamemos, entonces, mártires sino lo que son en verdad: terroristas suicidas.
El mártir cristiano es un imitador de Jesucristo, quien enseñó con su Palabra y con su ejemplo el modo más elevado del amor: “Nadie tiene un amor más grande que aquel que da la vida por el amigo”. El motivo del mártir cristiano es el amor, pues toma como modelo a Jesús que ofrece su vida por la salvación de la humanidad.
El suicida o kamikaze -sea musulmán o no- decide morir porque piensa que su inmolación representa un bien para su causa y un gesto heroico digno de imitar por otros seguidores. Es cierto que se puede inspirar en motivos culturales y políticos, como el ideal de una patria libre, pero en el fondo actúa movido por un odio impecable contra su enemigo. El kamikaze musulmán está en la creencia de que su sacrificio será compensado con un paraíso de placeres y un harem de muchachas esperándole. Esto es un error invencible que está fijo en la mentalidad del combatiente musulmán, porque actúa bajo los dictámenes de la Yihad o guerra santa para los musulmanes. Sólo habría qué preguntarse acerca de la recompensa que según esto recibirán las mujeres musulmanas que se han inmolado: ¿es la misma que para los varones?
El mártir cristiano se sitúa en un plano completamente diverso. No se mata ni mata a nadie, sino que acepta libremente perder la vida para mantenerse fiel a Jesucristo. Su gesto le convierte en “testigo” (es el significado de mártir) del amor más grande. No del odio que destruye, pues Cristo nos mandó también amar a los enemigos.
El kamikaze inspira su gesto fatal en la ley del talión, y se cree justificado a emplear la violencia salvaje contra inocentes para aterrar y desesperar al enemigo de su causa. Su causa es una causa inspirada por el odio. El mártir cristiano inspira su acción en el amor, y tiene la certeza de que su sangre generosa sirve para fortalecer la fe de sus hermanos. Tertuliano los dejó condensado en una frase célebre: “La sangre de los mártires es semilla de vida cristiana”. Al mártir le quitan la vida, mientras que el kamikaze muere asesinando inocentes. El mártir muere perdonando a sus perseguidores; el kamikaze muere odiando a quienes acusa de opresores. El kamikaze deja un mensaje de venganza, de odio y desesperación; una espiral de violencia que genera más violencia. El mártir cristiano deja un mensaje de amor, de reconciliación y de perdón.
Sólo el amor y el perdón -nunca el odio- pueden mejorar el mundo. Los mártires cristianos son una expresión de este amor más grande, a imitación de Jesucristo, el rey de los mártires.
Juicio de la antropología cristiana sobre el martirio
La Iglesia católica siempre ha rechazado los excesos y el fanatismo. Una de las virtudes de la Iglesia a lo largo de la historia ha sido su capacidad de adaptarse a todos los hombres y culturas, porque basa sus enseñanzas en el conocimiento exacto de la naturaleza humana, que es la misma a pesar de que cambien los tiempos y circunstancias. La moral cristiana enseña a educar la parte inferior y a regularla con la parte superior bajo la dirección de la fe y la razón armonizadas. Esta cualidad ha permitido a la Iglesia caminar con paso seguro en medio de las corrientes antropológicas más opuestas y ha sabido encontrar la justa vía para la conducta humana en el equilibrio racional y no en los excesos de la pasión desaforada.
Esta moderación brilla con luz especial en los principios y en la conducta que la Iglesia ha seguido, como madre y maestra, en todo lo referente al martirio, de manera que sólo en los mártires cristianos se puede observar con verdad al tipo humano consciente, equilibrado, no exaltado, y lleno de fortaleza ante la prueba suprema del martirio. Pero es necesario aclarar, que el martirio es un don y una vocación que no es dada a todos los cristianos.

Wie die Gottesmutter auf einem Schimmel in Rüstung erschien und die Mohammedaner zugunsten der Christen bezwang

5 Kilometer von Scicli (Ragusa, Diözese Noto, Sizilien) entfernt, auf einem anmutigen Hügel, zu dessen Füßen sich eine weite Ebene von Zitronen und leuchtend roten Tomaten ausdehnt und sich das Meer von Cava d'Aliga bis Donnalucata in einen wunderschönen Golf ausweitet, erhebt sich das altehrwürdige Heiligtum der Madonna delle Milizie, Unserer Lieben Frau der Bürgerwehren oder der Streitmächte, der Patronin der Stadt. Sein Ursprung geht auf das Jahr 1091 zurück. Man befand sich in den Zeiten der kriegerischen Einfälle der Sarazenen (= Araber = Türken = Mohammedaner = Moslems) in Sizilien, und Graf Ruggero der Normanne, hatte sich entschlossen, jenen barbarischen Horden ein Ende zu setzen, die von Belcane angeführt wurden. Dieser jedoch, nachdem er Kenntnis erhalten hatte davon und sich bewußt geworden war, daß unmittelbare Gefahr bevorstand, wandte sich an den Sultan und sah dadurch tatsächlich seine Streitmacht stark vermehrt, so sehr, daß er die Gewißheit hatte, den Sieg zu erringen und sich selbstsicher mit einem Kriegslager am flachen und entblößten Strand von Donnalucata niederließ. Graf Ruggero verfolgte die Bewegungen Belcante's, und obwohl er kräftemäßig unterlegen war, ließ er sich nicht abschrecken und verlangte Hilfe von den Kavalleristen des benachbarten Scicli. Diese eilten in Massen herbei; aber ehe sie sich in die Schlacht warfen, brachten sie der Himmels-Königin ein strenges Fasten zum Opfer dar, damit Sie ihnen zu Hilfe komme und von diesem Tyrannen befreie. Eine Volksüberlieferung, die eifersüchtig gehütet wird, sagt, daß im Gedränge des Gefechtes (des Kampfgetümmels) die Himmelskönigin auf einem weißen Pferde erschien, ausgestattet mit einer himmlischen Rüstung und auf dem Haupte eine Königskrone und in der Hand ein blitzendes Schwert. An ihr Volk gewandt sprach sie dann: "En adsum, ecce me, civitas delecta protegam te destra mea!" Sie stellte sich darauf an die Spitze des christlichen Heeres, welches ein großes Blutbad unter den Feinden ihres Sohnes anrichtete. Nachdem sie über sie den vollen Sieg errungen hatte und zu dem Ort zurückgekehrt war, wo sie zeurst erschienen war, ließ sie in einem harten Stein ihren Fußabdruck eingeprägt und entschwand. Noch heute sieht man zur Linken, wenn man ins Heiligtum eintritt, den Eindruck des Fußes, sorgsam behütet in einer kunstvollen Einfriedung aus Holz. Aus Dankbarkeit für jene mütterliche Hilfe wurde das Heiligtum gebaut,welchem 1931 eine große Einsiedlei angefügt wurde. Das Volk von Scicli gedenkt jedes Jahr am Samstag vor dem 1. Passionssonntag des aufsehenerregenden Wunders mit einer sakralen Darstellung auf dem Platz vor der Mutter-Kirche, wo das Standbild U.L.F. der Heerscharen auf dem Schimmel verehrt wird. (Salvatore Guastella)

Quelle:

Santiago Matamoros, Patrón de España

¿Quién es Santiago Matamoros? A pesar del apellido, tan políticamente incorrecto, se trata del mismo Apóstol Santiago bajo la faz y hechuras guerreadoras. Él es Santiago el Mayor, el de los Evangelios, hijo de Zebedeo y Salomé y hermano del joven Juan, el apóstol amado del Señor. Jesucristo llamó a ambos hermanos los "Boanerges" -los Hijos del Trueno-, por el celo que mostraron por la honra del Señor cuando pidieron que cayera fuego del cielo sobre una aldea que había impedido el paso a Jesús y a sus acompañantes. La madre de ambos siempre estaba alrededor de Cristo, pidiéndole que reservara a sus hijos elevados puestos de gloria en el Reino que estaba por venir. Jesucristo les preguntó si serían capaces de beber el cáliz y ellos contestaron: "possumus!" -¡podemos!.
La tradición sitúa a Santiago en la antigua Hispania, propagando el Evangelio. A las orillas del Ebro, en Cesaraugusta -Zaragoza-, se le apareció la Virgen María (que todavía vivía en este mundo sin haber sido asunta al cielo). Nuestra Señora le previno de los peligros que se cernían sobre el grupo de cristianos que él formaba, animándolo a seguir con su labor apostólica. Santiago siguió predicando hasta que decidió regresar a Jerusalén, donde fue martirizado. Según la venerable leyenda su cadáver fue trasladado por sus discípulos y depositado en Compostela -el campo de la estrella-, donde Europa lo continua venerando.
Ejecutoria del Celestial Caballero Santiago Matamoros.
La tradición del Matamoros se remonta al reinado de Ramiro I (muerto en 850) que sucedió en el trono de Asturias y León a su tío Alfonso el Casto (muerto en 842). Al fallecer su tío, los moros reclamaron el tributo de las cien doncellas (cincuenta hidalgas y cincuenta plebeyas) que tenían impuesto a los cristianos. Ramiro I que estaba en Bardulia (antiguo nombre de Castilla la Vieja) no quiso entregarles las cien doncellas y se encontró frente a frente con la morisma en Clavijo donde en la víspera de la batalla, según la tradición, se le aparece en sueños el Apóstol Santiago. Santiago le comunica que ha sido designado por Dios como Patrón de las Españas. Santiago anima a Ramiro al combate y le pide que lo invoque. Los cristianos dan batalla al grito de "¡Dios ayuda a Santiago!", y los moros son vencidos. Aquella gloriosa jornada de las armas cristianas será la fundación de la Orden de Santiago.
En la batalla de Hacinas entre el Conde Fernán González (muerto en 970) y el caudillo moro Almanzor aparece otra vez Santiago, que le dice al conde de Castilla: "¡Ferrando de Castiella, hoy te crece gran bando!". Las huestes de Fernán González vencen a los moros al grito de "¡Santiago y cierra!" (es la primera vez que se registra el que luego será grito famoso entre los cristianos peninsulares cuando entran en batalla; este grito de guerra viene a significar: Santiago y choquemos contra ellos). [more...]

Clavijo: La aparición del Apóstol Santiago en la iconografía mundial

Monday, October 22, 2007

Muslim massacre of Christians in Damascus (1860)

From the Banner of Liberty newspaper, Middletown, NY, August 22, 1860. I fixed the obvious OCR typos but some I couldn't quite get.


The Massacre at Damascus. [Correspondence of the London Post.] July 16, 1860. On the 11th instant, I forwarded to you, via Smyrna, a telegraphic dispatch giving an outline of the fearful tragedy which has just been witnessed, and which, when the last accounts left the place, was by no means finished, in Damascus. Since then, further details of this outrage have reached Beyrout from various authentic sources. [more...]








Further readings: The Martyrs of Damascus

Saturday, October 20, 2007

Au Liban: Islam et Christianisme

Vous avez appris qu'il a été dit : oeil pour oeil, et dent pour dent. Mais moi, je vous dis, si quelqu'un te frappe sur la joue droite, présente-lui aussi l'autre. Si quelqu'un veut plaider contre toi, et prendre ta tunique, laisse-lui encore ton manteau. Donne à celui qui te demande, et ne te détourne pas de celui qui veut emprunter de toi. Vous avez appris qu'il a été dit : Tu aimeras ton prochain, et tu haïras ton ennemi. Mais moi, je vous dis : Aimez vos ennemis, bénissez ceux qui vous maudissent, faites du bien à ceux qui vous haïssent, et priez pour ceux qui vous maltraitent et qui vous persécutent, afin que vous soyez fils de votre Père qui est dans les cieux; car il fait lever son soleil sur les méchants et sur les bons. Si vous aimez ceux qui vous aiment, quelle récompense méritez-vous ? (Mathieu 5:40)

Sourate 2 AL-BAQARAT : 0 croyants ! la peine du talion vous est prescrite pour le meurtre. Un homme libre pour un homme libre, l'esclave pour l'esclave, et une femme pour une femme. (173) . Pour vous, le talion sauvegarde la vie, ô vous, dotés d'un coeur. Peut-être frémirez-vous. (179) Sourate 5 Al-Mâ'idah : Vous couperez les mains des voleurs, homme ou femme, en punition de leur crime. C'est la peine que Dieu a établie contre eux. Il est puissant et sage. (42) Dans ce code nous avons prescrit aux juifs : Ame pour âme, œil pour œil, nez pour nez, oreille pour oreille, dent pour dent. Les blessures seront punies par la loi du talion. (49). Sourate 48 AL-FATH : Muhammad est l'apôtre de Dieu. Ceux qui le suivent doivent être impitoyables aux incroyants, mais charitables les uns envers les autres. (29)


"oeil pour oeil et le monde finira aveugle."
- Gandhi.

Aujourd'hui, l'humanité tout entière est appelée à choisir entre ces deux types de société. Qu'on soit musulman, juif, chrétien, bouddhiste, athée ou agnostique on fait toujours un choix entre la loi du Talion propre à toutes les cultures (même chrétiennes!) et la loi du Pardon du Christ. Le Christ est mort sur la Croix pour que tout homme qui cherche sincèrement la Vérité puisse la trouver.

Dans la guerre du Liban les chrétiens malheureusement, n'ont pas pu résister aux pressions aux quelles ils ont été soumis. Ils ont utilisé le droit de la Légitime Défense. Kamal Joumblatt qui était un ancien élève des Jésuites, se moquait d'eux en leur disant qu'ils étaient des mauvais Chrétiens.

Il faut dire qu'ils étaient attaqués de toute part. Tout le courrant qu'on appelait "Islamo Progressiste" faisait subir aux chrétiens une persécution digne des premiers temps du Christianisme. L'Occident matérialiste et anticlérical, qu'il soit de droite ou de gauche était favorable à l'Islam libanais. Les entreprises multinationales américaines ou françaises signaient des contrats avec les pays musulmans et n'avaient que des critiques injustes vis à vis des Chrétiens libanais. Tous les jours il y avait des voitures piégées qui explosaient dans les rues des quartiers chrétiens faisant des milliers de victimes. Les prises d'otages confessionnelles étaient pratiquées à grande échelle. Dans un documentaire sur Arté sur le Liban, une femme musulmane était devenue folle à force de voir par sa fenêtre les exécutions des otages chrétiens sur un mur face à son appartement. Son témoignage était bouleversant. Ce que subit aujourd'hui le peuple irakien est peu de choses par rapport à ceux qu'on subit les Chrétiens du Liban. Tout un peuple était pris en otage. A l'assassinat de Kamal Joumblatt par la Syrie le 16 mars 1977, les druzes se sont vengés sur les Chrétiens du Chouf en massacrant 247 chrétiens innocents dans le Chouf. Puis en novembre 1982, 110 villages du Chouf, dont le propre village de ma mère, Chartoun, a été raillé de la carte avec le massacre de tous les habitants qui sont restés. On estime à plus de 6 000 le nombre des victimes, surtout des vieillards et des enfants et l'exode de 250 000 habitants.

Quant aux massacres de Sabra et de Chatila aujourd'hui on sait très bien ce qui s'est passé ! Elie Hobeïka qui était un agent double à la solde de la Syrie, un Juda, qui a assassiné Tony Frangié et sa famille (Voir Libération du 21/09/200) puis Dany Chamoun et sa famille, qui a assassiné plus de 100 jeunes chrétiens a Safra etc., a ajouté cet horrible massacre à son palmarès. Mais ce crime a été commanditée par la Syrie pour contraindre l'armée israélienne a quitté Beyrouth. D'ailleurs c'est ce qui s'est passé. Quand Elie Hobeika a voulu s'expliquer devant le tribunal belge, il fut assassiné par les services secrets syriens, de la même manière que fut assassiné Hariri (la voiture piégée). Elie Hobeika a permis à la Syrie de diviser les Chrétiens afin qu'elle puisse étendre son pouvoir sur tout le Liban. Très vite Samir Geagea a essayé de neutraliser Elie Hobeika, mais la Syrie le protégeait. Enfin la Syrie n'aurait jamais pu assassiner Bechir Gemayel sans le concours d'Elie Hobeika.

La guerre civile libanaise a fait plus de 150 000 morts en 15 ans et 150 000 blessés dont la moitié handicapée à vie, 5 000 libanais ont été enlevés ou ont disparu sans espoir de retour, 800 000 personnes ont été déplacées à l'intérieur de ce petit pays et d'après l'ONU, 900 000 Libanais ont fui les guerres entre 1975 et 1992.

Certes les Chrétiens en tant que groupe, n'ont pas réussi à propager le message d'Amour dont ils sont les dépositaires, ils n'ont pas su aimer leur frère musulman comme le Christ le leur demande. Mais en tant qu'individu, le chrétien libanais a souvent été un homme d'une très grande générosité. Des Ghasibé Kayrouz, il y en a eu des milliers et leur sang de victimes innocentes sauvera certainement le Liban.

Mais le plus grand drame de l'humanité d'aujourd'hui, ce sont le milliard de musulmans qui vivent encore sous des lois cruelles et injustes qui justifient le meurtre, l'exploitation de la femme et la tyrannie du plus fort. Quand ces masses musulmanes meurtries, exploitées par des dictateurs démagogues se révolteront-elles contre leurs bourreaux ? Malheureusement, l'Occident matérialiste a été complice de ce crime odieux. Soutenir des régimes aussi barbares que celui de l'Arabie ou de l'Irak afin de maintenir les Arabes sous une chape de plomb et exploiter ainsi leur pétrole est un crime contre le Christ. Aux yeux du Christ tout le pétrole du monde ne vaut pas l'âme d'un seul Arabe. Car avant d'être un Arabe c'est un enfant de Dieu, créer par Amour pour la gloire de Dieu. Et la gloire de Dieu : c'est l'homme Vivant.

Israël malheureusement face à la terreur, utilise une autre terreur. Les Israéliens ont totalement raté leur intégration dans le Proche-Orient. Ils appliquent la même loi que celle de leur ennemi: la loi du plus fort, oubliant que celui qui a assassiné Rabine était un Juif. Le même dilemme qui se pose à l'Islam se pose aujourd'hui au Judaïsme: oeil pour oeil... et les peuples deviennent aveugles. C'est dommage car au début, les Juifs n'étaient perçus par les Arabes comme des étrangers, mais comme des frères sémites et les Juifs étaient heureux de revenir après deux mille ans d'exile, après la Shoa, habiter parmi leurs frères sémites. Ce qui a manqué et qui manque encore, à ces deux peuples c'est de croire à la puissance de l'Amour.

Source: Islam et Christianisme

Les martyrs de Dammour

En janvier 1976, sous le haut patronage de Yasser Arafat, 600 civils de Damour ont été massacrés, avec viols, émasculations, mutilations. La ville fut bombardée et pillée. L'église St Elias fut transformée en garage pour le Fatah. ...

L'attaque est partie de la montagne. C'était une apocalypse. Ils venaient, par milliers aux cris d'Allahu Akbar ! Dieu est grand ! Attaquons-les pour les Arabes, offrons un holocauste à Mahomet ! Ils abattaient sur place, hommes, femmes et enfants.

Lisez plus, pour ne pas oublier!

Chrétiens d'Orient: Les martyrs oubliés

Les chrétiens du Proche-Orient, coptes en Égypte, maronites au Liban, chaldéens en Irak, Arméniens en Turquie, melkites ou orthodoxes en Syrie, ou encore Palestiniens de Bethléem, connaissent depuis un demi-siècle un exode silencieux. Chassés de leurs terres natales par la guerre et le flux de l'islam. Retour sur une tragédie occultée.
La principale population de réfugiés, au Proche-Orient, ce ne sont pas les Palestiniens musulmans, victimes de la première guerre israélo-arabe en 1948, ni même les juifs des pays arabes et d'Iran, contraints à un exode symétrique entre 1945 et 1979, mais les chrétiens de culture arabe, araméenne, arménienne ou grecque. Près de dix millions de ces derniers ont en effet été amenés à abandonner leur foyers ou à émigrer depuis la Première Guerre mondiale : le rapport, avec les réfugiés musulmans de Palestine (un demi-million d'âmes à l'origine) est donc approximativement de vingt à un ; avec les juifs des pays d'islam (près d'un million d'expulsés), il serait environ de dix à un.
Ces données, étrangement, sont mal connues. Plus étonnant encore : l'exode des chrétiens se poursuit sous nos yeux, à l'aube du XXIe siècle, sans susciter beaucoup de compassion ni même de curiosité médiatique. Le cas le plus flagrant est celui des Palestiniens chrétiens de Cisjordanie : voici une vingtaine d'années, ils formaient 15 % de la population locale ; depuis la mise en place d'un pouvoir palestinien autonome, en 1994, ils ne sont plus que 2 à 3 %. Une situation analogue se dessine en Égypte, où la minorité chrétienne copte, hier florissante, en est peu à peu réduite à émigrer. Le journaliste américain Joseph Farah, lui-même d'origine arabe chrétienne, estime qu'à ce rythme, on pourrait passer au Proche-Orient d'une population chrétienne actuelle de quinze millions d'âmes à six millions à peine vers 2020. Ce serait le dernier acte de l'effacement du christianisme dans la région même où il est né, où il a fixé sa doctrine et où il s'est doté des structures qui, aujourd'hui encore, régissent sa vie communautaire dans le reste du monde : épiscopat, conciles oecuméniques, clergé, monachisme.
Pourquoi cette situation ? Dans un article publié en octobre dernier par un journal proche du Saint-Siège, Civilta Cattolica, l'analyste italien Giuseppe de Rosa rappelle que l'islam est avant tout " la religion du djihad ", " une interminable entreprise guerrière en vue de conquérir les territoires " qui ne lui appartiennent pas encore. Il ne raisonne donc qu'en termes binaires : membres du groupe contre étrangers, amis contre ennemis, auxiliaires utiles ou populations inutiles, fidèles ou infidèles. Immense différence avec la plupart des autres religions, à commencer par le judaïsme et le christianisme, qui, même quand elles recourent à la guerre, donnent la priorité à des considérations non-guerrières, telles que le droit naturel ou la société civile. Les chrétiens ont pu être tolérés par les pouvoirs musulmans à certaines époques et dans certains lieux. Quand les circonstances changent, cette tolérance disparaît.
Jusqu'au VIIe siècle, le Proche-Orient était presque exclusivement chrétien. L'islam l'a supplanté par la force. Deux grandes étapes : la conquête arabe qui islamise l'Égypte et le Levant en six ans à peine, de 636 à 642 ; la conquête turque qui grignote l'Asie mineure entre le Xe et le XVe siècles. Une seule et même stratégie : quelques opérations militaires décisives permettent aux musulmans de prendre le contrôle politique d'une province ou d'un État ; le nouveau pouvoir joue ensuite des divisions entre chrétiens (jacobites contre melkites, coptes contre orthodoxes, Grecs contre Latins); enfin, le régime de la " dhimma " ("protection ") , mélange de mesures discriminatoires et d'oppression financière, incite peu à peu les chrétiens à se convertir, en général par familles ou parentèles entières. Au bout de quelques générations, un pays qui était chrétien à 90 % au moment de la conquête ne comporte plus que quelques minorités chrétiennes, soit dans les villes, où elles exercent des professions jugées " utiles " par le pouvoir islamique, soit dans des régions difficiles d'accès, notamment les montagnes.
A deux reprises, une modification du rapport de forces global entre islam et chrétienté a permis aux Églises d'Orient de reprendre souffle et même de connaître une brève renaissance : les Croisades, du XIe au XIIIe siècles ; et surtout l'expansion européenne moderne, du XVIIIe siècle au second tiers du XXe siècle. Pendant cette seconde période ("la plus heureuse de leur histoire " selon l'universitaire chrétien hiérosolomytain George Hintlian), les communautés chrétiennes sont " adoptées " par les puissances occidentales : la Russie veille sur les orthodoxes, la France sur les Églises rattachées à Rome, et la Grande-Bretagne sur toutes les autres communautés ; l'Autriche, l'Allemagne, l'Italie, les États-Unis et même la Grèce interviennent également. Les pouvoirs musulmans sont donc contraints d'accorder aux minorités une pleine liberté religieuse et une égalité sociale ou politique presque complète. Les chrétiens d'Orient ont en outre accès plus largement que les musulmans à une éducation de type occidentale, elle-même facteur de réussite économique: ils forment l'essentiel de la classe moyenne dans l'Empire ottoman jusqu'à la Première Guerre mondiale, avant de jouer un rôle analogue, jusque vers 1970, dans la plupart des pays arabes.
Mais la fin de la domination occidentale (ou la décolonisation) annule ces acquis du jour au lendemain. Les Occidentaux y consentent au nom de leurs propres principes, judéo-chrétiens ou laïques : droit naturel, droits de l'homme. Les musulmans n'y voient qu'un retour de balancier géopolitique en leur faveur, même s'il est moins dû à une victoire militaire qu'à la simple démographie (en moyenne, le taux de natalité des musulmans est deux fois plus élevé que celui des chrétiens au Proche-Orient). Dans certains pays islamiques, les chrétiens, ou certains groupes chrétiens, sont expulsés. Ailleurs, on les ramène, en droit ou en fait, à un statut de seconde zone, ce qui les amène à émigrer. Le phénomène s'accélère avec la montée, au sein de la société musulmane, de mouvements dits intégristes ou "islamistes", prônant un " djihad " permanent et l'exclusion totale des non-musulmans des zones anciennement islamisées, comme le monde arabe.
1. TURQUIE. La Turquie ottomane avait entrepris, en 1915, de liquider la minorité chrétienne arménienne d'Anatolie orientale (1,5 million d'âmes). En 1922, Mustafa Kemal expulse la communauté grecque orthodoxe d'Asie mineure (1,5 millions d'âmes), mesure suivie, il est vrai, par un " échange de populations " : le transfert en Anatolie des Turcs vivant encore en Grèce (cinq cent mille personnes). Quelques trois cent mille Grecs vivaient encore dans la région d'Istanbul et de la mer de Marmara, rassurés par le régime républicain et laïque institué par Kemal à partir de 1923 : des discriminations, au début des années 1940, puis une série de pogromes, au début des années 1950, entraînent des départs en masse. Du moins la République turque a-t-elle châtié les instigateurs des pogromes : allant jusqu'à condamner à la potence le premier ministre de l'époque, Adnan Menderes. Il ne reste plus aujourd'hui en Turquie que cent mille chrétiens environ..
2. SYRIE. Les communautés chrétiennes (grecque-orthodoxe, melkite, arménienne, araméenne) formaient le quart de la population syrienne au début du XXe siècle. Elles représentent encore 7 % de la population actuelle : 1,5 million sur près de vingt millions. Cette survie relative s'explique tient aux particularités de la politique locale : le régime Assad, en place depuis 1970, s'appuie sur la minorité musulmane alaouite qui, afin de contrebalancer la majorité sunnite (un peu plus de 50 % de la population), a passé des alliances avec les autres minorités du pays, chrétiens mais aussi druzes ou sunnites kurdophones. Pour autant, les chrétiens n'ont pas cessé de s'interroger sur l'avenir. Et d'émigrer, quand l'occasion leur en était donnée. Au besoin, ils se font passer pour Palestiniens à l'étranger, afin de bénéficier d'aides caritatives ou de sympathies politiques. Un " mensonge honnête " : une partie des Palestiniens sont d'origine syro-libanaise récente.
3. LIBAN. En 1932, 800 000 chrétiens formaient 55 % d'une population libanaise évaluée à 1,5 million d'âmes. Aujourd'hui, après diverses turbulences et surtout la longue guerre civile de la fin du XXe siècle (1975-1990), les chrétiens sont 1,5 millions, soit 27 % sur 4,5 millions. Plus de la moitié d'entre eux sont des " réfugiés de l'intérieur ", chassés de leur ville ou village d'origine et contraints de se réinstaller dans les derniers bastions à majorité chrétienne, comme la banlieue Est de Beyrouth. Une diaspora libanaise chrétienne s'est constituée en Europe, aux États-Unis, en Amérique du Sud, en Afrique subsaharienne, en Australie. Au total, elle compterait six millions d'âmes, dont deux millions aux États-Unis. Si le président de la République est toujours un chrétien (une tradition remontant à 1943), le pouvoir réel est désormais aux mains des musulmans sunnites ou chiites. Certains clans chrétiens se sont alliés aux alaouites syriens, " protecteurs " et occupants du Liban depuis 1990. D'autres, notamment le patriarche maronite Nasrallah Sfeir, militent pour la restauration de l'indépendance nationale.
4. PALESTINE. Les chrétiens formaient au début du XXe siècle près du quart de la population arabe palestinienne, soit un peu plus de cent mille âmes sur un total d'un demi-million. En 1948, ils en formaient probablement 20 % : soit trois cent mille âmes sur 1,2 million. Après la première guerre israélo-arabe, on a compté environ soixante-dix mille personnes déplacées chrétiennes, en sus des cinq cent mille réfugiés musulmans. Entre 1949 et 1967, le régime jordanien, puissance occupante en Cisjordanie, a multiplié les vexations à l'égard des chrétiens et favorisé leur émigration : la population chrétienne de Jérusalem-Est passe alors de 28 000 âmes à 11 000, ce qui signifie que 17 000 personnes (61 % de la population) ont été chassés. Le régime israélien, de 1967 à 1993, favorise au contraire le maintien des chrétiens sur place, mais sans aller jusqu'à rattacher à Jérusalem les localités chrétiennes de la périphérie, comme le souhaitait le maire chrétien de Bethléem, Elias Freij. La mise en place en 1994 de l'Autorité palestinienne, le quasi-État musulman dirigé par Yasser Arafat, est une catastrophe : des persécutions perpétuelles conduisent au départ des trois quarts de la communauté. Certains d'entre eux trouvent refuge en Israël, les autres en Europe ou aux États-Unis. A Bethléem, on ne compte plus que 15 % de chrétiens en 2003, contre 62 % en 1990 : les habitants chrétiens expulsés ont été remplacés par des Bédouins islamistes de la région de Hébron.
5. ISRAËL. Seul État non-arabe et non-musulman du Proche-Orient, Israël compte aujourd'hui trois cent cinquante mille habitants chrétiens sur 6,5 millions, alors qu'il n'en recensait en 1951 que trente mille sur 1,5 million : en chiffres absolus, cette population a donc été multipliée plus de onze fois ; en chiffres relatifs, par rapport à une population en très forte croissance, elle est passée approximativement de 3 % à 6 %. Au cours des vingt premières années qui ont suivi l'indépendance (1948-1968), de nombreux chrétiens israéliens de culture arabe ont émigré. Aujourd'hui, on assiste au contraire à une immigration de Palestiniens chrétiens de Cisjordanie en Israël. Les communautés catholique et orthodoxe ont en outre été renforcées, dans les années 1990, par l'arrivée de nombreux chrétiens de l'ex-URSS autorisés à immigrer en raison de liens familiaux avec des juifs. Le Vatican a signé un concordat avec Israël en 1998 et vient de créer un évêché catholique de langue hébraïque.
6. JORDANIE. Lors de sa création en 1923, l'émirat de Transjordanie ne comptait qu'un demi million d'habitants, dont quelques milliers de Bédouins chrétiens, descendants des tribus christianisées attestées en Arabie jusqu'à l'époque de Mahomet. Après 1948, cette communauté a été grossie par des réfugiés chrétiens palestiniens des environs de Jérusalem, qui lui étaient liés par des cousinages et des mariages depuis le XVIIe siècle. Elle représente aujourd'hui 10 % environ de la population totale. Depuis 1970, la dynastie hachémite protège ses sujets chrétiens afin de se concilier l'opinion publique occidentale. L'un des confidents du feu roi Hussein, le journaliste Rami el-Khouri, était chrétien.
7. IRAK. Près de 10 % de chrétiens en Irak en 1920 (300 000 sur 3 millions d'habitants), 3 % aujourd'hui (un million sur vingt-quatre millions d'habitants). L'un des " actes fondateurs " du nationalisme irakien a été le massacre, en 1932, de plusieurs milliers d'Assyriens chrétiens du nord du pays, de langue araméenne, et l'expulsion de plusieurs dizaines de milliers de survivants. Il est vrai que cette communauté réclamait la création d'un État autonome. Le premier roi, Fayçal Ier, personnage romantique venu du Hedjaz, est mort de chagrin et de dégoût quelques mois plus tard après ce génocide, tandis que son fils Ghazi organisait une parade pour célébrer l'événement. Les autres chrétiens irakiens, notamment les Chaldéens catholiques, ont émigré à 50 %, ou s'en tiennent depuis à une attitude de soumission absolue envers le pouvoir musulman. Saddam Hussein avait pour ministre des Affaires étrangères un catholique, Tarik Aziz, aujourd'hui prisonnier des Américains. Fondateur du Baath, le parti nationaliste arabe dont se réclamait Saddam, le chrétien syrien Michel Aflak a été contraint de se convertir à l'islam quand il s'est réfugié en Irak, dans les années 1970.
8. ARABIE SAOUDITE. Le christianisme et le judaïsme sont interdits dans le royaume, sous le prétexte que la Péninsule arabique, terre sainte de l'islam est " analogue à une mosquée ". Les juifs ne peuvent obtenir de visa d'entrée, sauf s'ils détiennent un passeport diplomatique. Les chrétiens étrangers en situation régulière diplomates, hommes d'affaires - ne peuvent célébrer leur culte qu'en privé. Le prosélytisme entraîne l'expulsion immédiate, s'il s'agit d'un étranger, et la mort, s'il s'agit d'un Saoudien ou du ressortissant d'un pays musulman.
9. PAYS DU GOLFE, YÉMEN. Les citoyens ne peuvent pratiquer une autre religion de l'islam : les minorités, naguère nombreuses, ont été progressivement expulsées. Les étrangers (y compris les résidents permanents) sont autorisés à pratiquer le christianisme en privé. Quelques familles juives autochtones jouissent du même privilège à Bahreïn et au Yémen.
10. IRAN. Officiellement, la population chrétienne n'atteint pas 0,2 %. On l'évalue parfois à 0,5 %. Bien traitée sous la dynastie Pahlavi, elle bénéficie d'une certaine indifférence de la part de la République théocratique instituée par Khomeini en 1979, et dispose d'un député au parlement. Tout acte de prosélytisme est puni de mort, ainsi que toute relation sexuelle avec une femme musulmane. Les élèves des écoles chrétiennes doivent assister à des cours d'initiation à l'islam, destinés à " hâter leur conversion à la religion véritable ". Les autorités de Téhéran préfèrent les chrétiens " nationaux ", comme les Arméniens, installés dans le pays depuis le XVIe siècle, aux " étrangers ", arrivés plus tard. Les catholiques sont particulièrement mal vus, notamment depuis la conversion de la princesse Ashraf, sur jumelle du dernier chah. La moitié des chrétiens iraniens auraient fui depuis 1979. La plupart se sont réfugiés en Californie.
11. ÉGYPTE. Ce sont les coptes égyptiens qui, en se ralliant aux conquérants arabes en 642 par haine envers les Byzantins orthodoxes, ont rendu irréversible la progression de l'islam en Orient. Cette communauté a connu une brillante renaissance au XIXe siècle et au début du XXe siècle, sous la monarchie d'origine turque fondée par Mehemet Ali. Elle représentait alors 15 à 20 % de la population et défendait l'idée d'une civilisation "pharaonique", propre à l'Égypte et différente de la culture arabe. La révolution nassérienne, à partir de 1952-1953, lui a été fatale : les coptes ont été exclus de la classe politique, sauf quelques personnalités symboliques (comme le ministre d'État Boutros Boutros-Ghali, devenu secrétaire général de l'Onu puis secrétaire international à la Francophonie) puis dépouillés de leur pouvoir économique. Sous Hosni Moubarak, au pouvoir depuis 1981, les violences en tout genre (de l'attentat à la bombe au viol) se sont multipliées, incitant les jeunes gens et les jeunes filles à émigrer vers la Grande-Bretagne, le Canada et les États-Unis. Les coptes ne seraient plus aujourd'hui que cinq millions environ en Égypte, soit 6 à 7% d'une population égyptienne globale évaluée à 65 millions d'âmes.
Source: Chrétiens d'Orient : Les martyrs oubliés par Michel GurfinkielParis, Février 2004.© Michel Gurfinkiel et l'Institut Jean-Jacques Rousseau (JJRI).http://www.jjri.org/ -- contact@jjri.org